NICCOLÒ TOMMASEO. IL SACCO DI LUCCA. 1879, Cellini Editore, Firenze. Testo del 1834 riveduto e corretto dall'Autore. . ... Trascrizione elettronica rivista e resa disponibile dalla Fondazione Ezio Galiano onlus http:\\www.galiano.it ad esclusivo uso dei privi della vista. ... . ... Presentazione. . Il 14 giugno 1314, le famiglie lucchesi, frazionate fra guelfi e ghibellini, a causa delle loro lotte intestine volte a soddisfare la brama di potere, finirono col perdere libertà e ricchezza, attirando le soldatesche del tedesche e pisane, capitanate da Uguccione della Faggiuola, che si impadronirono della città ponendola a ferro e fuoco. . Tale tragico evento della storia di Lucca, ispirò, nel 1834, il presente racconto di Niccolò Tommaseo. . La narrazione del Tommaseo che, nel susseguirsi dei tragici e commoventi episodi, si sofferma sulla figura di Castruccio e su quella di tre giovani donne, ciascuna delle quali reagisce in modo diverso alla triste sorte, conseguenza inevitabile di un saccheggio determinatamente impietoso come tutti i fatti di guerra di ogni tempo, raggiunge effetti di straordinaria intensità. . «Queste pagine definite da Benedetto Croce "terribili e singolarissime", rivelano, come ne scrive Furio Possenti, "la sensibilità complessa e inquieta del Tommaseo; un'analisi interiore ed un modo espressivo unico nella narrativa del nostro Ottocento, per quanto viziato dalla tormentosa ricerca di una perfezione stilistica e da un gusto finissimo ma incontentabile della parola, connaturati dalla ininterrotta attività filologica e critica, collocando questo Autore non lontano dai grandi scrittori del suo e del nostro secolo". ... . ... L'Autore. . Niccolò Tommaseo: nacque a Sebenico in Dalmazia nel 1802, trascorse i suoi anni giovanili parte nella città natia, parte a Venezia e a Padova, dove si laureò in giurisprudenza e strinse un'affettuosa amicizia col filosofo roveretano Antonio Rosmini, che doveva influire profondamente sul suo spirito. Iniziata la carriera di pubblicista, si trasferì a Milano e quindi a Firenze per collaborare all'«Antologia» del Vieusseux. Nel 1834 partì per Parigi e rimase in Francia cinque anni, durante i quali lavorò intensamente e particolarmente intorno al libro che ebbe caro più di ogni altro, «Dell'Italia». Tornato in Italia si stabilì a Venezia e partecipò alla rivoluzione del 1848, assumendo col Manin il governo provvisorio della città. . Caduta la repubblica veneziana esulò a Corfù e vi fu colto dalla cecità, che tuttavia non gli impedì di continaure il suo lavoro di scrittore libero e incorrotto. Nel 1854 prese dimora a Torino e vi si trattenne qualche anno, per tornare poi nell'amata Firenze, dove morì nel 1874. ... . ... IL SACCO DI LUCCA. ... . ... I ghibellini, raccolti nel campanile di San Frediano, lanciavano dardi e pietre sulle teste affollate de' guelfi. . E i guelfi si sforzavano, chi di arrampicarsi alle finestre men alte, e precipitando sugli armati s'infilavano nelle aste di quelli, chi d'atterrare la porta ferrata. . E l'urtarla, e lo scrollarla, e il tentarla con ascie, era invano. . Quand'uno degli assalenti, tolte materie accensibili le accomodò sullo strale, e lo strale vibrò da una casa di contro nella torre, ma non s'apprese la fiamma. . Altri da altre parti diressero simili strali; e videro dalle feritoie escire il fumo a gran vortici portato dal vento. . La fiamma saliva, e snidava i guerrieri dall'alto. Scendono nella chiesa: e al portico di San Frediano rappiccano la battaglia. . Ma i più de' guelfi, vedendo per l'abbandonato campanile montar la favilla, lasciavano la sacra torre divorare all'incendio, e a nuova zuffa correvano. . Correvano a nuova zuffa: ma i più mansueti, mandato messaggero alle case de' Fatinelli, pregavano l'ira ghibellina ristesse: funeste dicevano quelle vittorie, e sacrilego incendio, e scellerate rovine. . Il messaggero non giunse alle case de' Fatinelli: che uno degli Obizzi, guelfo accanito e capo di sua parte, lo respinse minacciandogli morte. . E intanto al portico di San Frediano si combatteva, e alle torri di cui Borgo era tutto guerrescamente superbo, si combatteva: e più ardito di tutti combatteva Castruccio degli Antelminelli, prode guerriero e caldo ghibellino; e la bellezza del nobile aspetto gli folgoreggiava nell'ira. . Ma un altro ghibellino, Uguccione della Faggiuola, signore di Pisa e genero di Corso Donati, veniva: veniva, chiamato da Castruccio e da altri ghibellini, a prendere la signoria di Lucca; e cittadini pisani lo accompagnavano, e soldati tedeschi. . Una porticciola murata gli fu aperta al passaggio: che i guelfi, alla zuffa d'entro occupati, non attesero a ributtarlo. . Entrò con esso la piena delle ire civili e delle straniere cupidigie; e si mescevano in orribile modo crudeltà, rapina, libidine. Il sacco incomincia. . Prima le case più prossime vanno a ruba. . Gli uomini fuggono, o muoiono resistendo, o cadono precipitati dall'alto delle case, o schiacciati dai destrieri correnti e dalla folla che va. . Le donne o nascondonsi, o si gettano ai piedi del rapitore, o combattono con mani inermi per il poco argento, lungo sudore dell'industre famiglia. . Un'onda d'armati urta nelle porte de' Malapresi, e le sfonda. . La madre sente con terrore suonar d'armi le scale. . Un giovanetto di sedici anni era seco: ed alla ratteneva lui anelante alla zuffa, e con le braccia avvinte or al collo or alle ginocchia, da morte certa per forza lo ritraeva. . E mentr'egli si slaccia da que' nodi che a lui parevano d'infamia, ecco i tedeschi far impeto nella stanza, eccoli afferrare il giovane guelfo. . Due lo strascinano, due rimangono a rattenere la madre disperatamente gridante. . Gridava: Rendetemelo! e prendetevi tutto, prendetevi la vita mia! . Un pistoiese ch'era con quelli, e più bestiale di loro, solo intese la parola, e rispose: Questo che noi qui vediamo, tutto è nostro. . E se la tua bruttezza non fosse, nostra saresti anche tu, di noi tutti. Mostraci il tesoro nascosto e avrai il tuo figliuolo. . A me il figliuolo mio, prima! e tutto darò. . E dalla finestra lo richiamava con le grida e coi cenni. . E lo ricomprò con quant'oro ell'aveva portato dalle case paterne, con quanto aveva mercatando raccolto in terra del Soldano l'avaro marito; con assai più che a lei non chiedessero ne' lunghi mesi d'inverno i poveri esangui per fame e per freddo. . Gli stranieri in quel trambusto impazzavano, briachi di mercenario orgoglio e di non propria ira: di casa in casa correvano, dolenti del non aver mani nè forze che bastassero a tanto tesoro di argento e di bellezza; e la soprabbondanza della preda e della voluttà li impediva, e li indugiava il dubbio, e tutti si gettavano sul medesimo pasto, e quasi guerreggiavano a morte fra loro. . L'un d'essi entrò stanco in casa di povera apparenza, dove guardando aveva intravveduta una giovane donna bella. . E nell'entrare vide un'arpa accanto a un piccol verone; e la donna sedeva temendo, ma ardita nel timore. . E il soldato fremeva d'un senso che non aveva mai provato in sua vita, e un trèmito misto di calore, gli correva per le ossa, come a chi nel fervore della battaglia s'accorge della ferita sanguinante. . E la giovane donna lo guardava sfrontata ed egli bestemmiava in strano linguaggio non so che parole di comando e d'amore, e quella rispondeva col guardo. . Allora additando l'arpa, accennò che suonasse: e mentr'ella si rizzava, sollevò il legger velo che le copriva le spalle, e volle che così nudata suonasse. . E la donna cantò: Fresca rosa novella, Piacente primavera. . E il soldato a quelle non intese parole tremava, e non osava toccarla. . E la donna preso il ferro ch'e' portava a cintola, lo ferì. Quegli moriva invocando la Vergine: e la donna fuggì spaventata invocando la Vergine. . Cresce col caldo del giorno il tumulto. . Grida, strida, singhiozzi: e le preghiere con le bestemmie, e le promesse con le minacce, e il ferro con l'oro, e gli abbracciamenti forzati, e gli scontri di morte. . Un drappello di Bianchi Pistoiesi entra a furia nelle case de' Salamoncelli ch'erano di parte Nera; e salendo nelle stanze più interne, coglie la moglie del conte e le sorelle e il figliuolo. . Gridava il fanciullo; le donne tacevano: e il nemico le conduceva quasi riverente in ostaggio, per trarne riscatto prezioso. . Quand'ecco rincontrano tutto trafelato il marito, a cui gli Obizzi e gli altri compagni avevano consigliato l'uscita dalla dolente città: ma egli non volle; e tornò nel pericolo della patria e de' suoi, com'uomo che torni a vedere la donna sua agonizzante o composta nel feretro. . In vederlo, la moglie e le sorelle trassero insieme un grido, un sol grido acuto e breve; non piansero. . Piangeva il bambino portato tra le braccia nemiche, e tendeva le tenere mani gridando al padre. . Il padre non fremè, non parlò: pose mano alla spada, poi la ritrasse pensando al pericolo di sì care vite. . Si volse a un di costoro ch'e' conosceva, però ch'aveva combattuto in sua compagnia; e quest'una parola gli disse: Quanto? . L'altro sporgendogli il figliuolo sì che quasi le mani del bambino toccavano le mani del padre: Quanto daresti? . Tutto! esclamò; e prese il figlio, e si mosse. E i guerrieri lo seguivano, e le donne tra loro. . E il padre, assorto nell'aspetto del figlio, non guardava alla moglie. Solo quando fu alla porta delle case paterne, guardò, e si commosse. . Parve a un tratto composta in silenzio la città, e fatta quasi solitudine. . Qualche accento squarciato di straniero udivasi ad ora ad ora, e qualche urlo di donna, e il piangere sommesso di gente che ancora non sente tutto intero il suo danno. . Non già che la città fosse queta: ma l'impeto della rapina si versava tutto sul monastero di San Frediano, dov'era un milione di fiorini alla custodia de' monaci affidato da papa Giovanni. . I ghibellini avevano tutt'intorno alla badia combattuta la lunga battaglia: da più lati era aperto l'accesso; e pure la riverenza del luogo santo li teneva, infinattanto che non riseppero del ricco tesoro serbato ivi entro. . Allora la cupidigia potè più che la pietà: minacciarono. . Piena d'armati la chiesa: e taluno di que' soldati, sporco di rapina e di sangue e di mal tolti baci, s'inginocchiava a pregare: pregava a voce alta, e con atti strani, come ossesso. . E le preghiere facevano contrasto con le grida dei chiedenti il tesoro: ed è contrasto che tuttodì si rinnova nel tempio di Dio, se non che le contrarie domande si fanno nel segreto delle anime mutamente. . L'Abate venne: e incominciava un lungo sermone, quando gli affollati copersero la sua voce coll'urlo barbarico. . Ond'egli volgendosi ai ghibellini più prossimi, li pregava ristessero: temessero Iddio e l'inferno, il papa, rispettassero i vasi del tempio. . E dal tumulto uscivano come fischi d'antenne dal muggito dell'onde, voci discordanti che dicevano Iddio non aver bisogno d'argento, e non so che soggiungevano del papa. . Onde il frate a cui la paura cresceva e fuggiva la parola, si trasse in disparte: ed eglino gettarono a terra le porte della sagrestia, e il milione di papa Giovanni sparì. . Lontano dalla tempesta de' predatori, nell'opposta parte della città, un giovane ghibellino de' Quartigiani saliva le scale d'un gran palagio deserto. . Saliva inerme e tremando: e or correva or s'arrestava quasi affannato; e ambascia di dubbio era la sua non anelito di fatica. . Misurava co' passi echeggianti le alte sale romite, e i lunghi corridoi tetri di scarso lume; e pregava. . Pregava com'uomo occupato da un dolore cocente e continuo; ma pregava. . Trovò le stanze ignude de' ricchi ornamenti, e i letti scombuiati, e confuse a terra spade, croci, ghirlande. . Tastava i letti, come per trovarvi una dormente, o una malata, o un cadavere: chiamava un nome, ora con sommessa voce, or con altissima; e lo illudevano quasi risposta, le grida delle case attigue e della strada. . Entrò in una stanza, vide ignudo ogni cosa: solo rimaneva al noto luogo un crocifisso di legno.. . Lo baciò rammentando da che labbra fosse adorata quell'immagine di santo dolore: e poich'ebbe tutto visto il palagio, salse alla torre. . Salse pieno di quella speranza che fa più angosciosa l'indagine di cosa smarrita; nè chiamava: che l'ansia ormai gli chiudeva la voce, e il pensiero era sì pieno di quel nome, che parevagli pronunziarlo, e taceva. . Nell'entrar della torre la vide, rincattucciata, ginocchioni, le mani giunte, scapigliata. E la baciò. . La innocente negatagli sposa e destinata ad un chiostro, non l'aveva da più mesi veduto, nè lo ravvisava sull'atto; e non riconobbe, se non dopo molto ripetere, la voce di lui; e riguardatolo con un lungo sguardo di pietà disperata, chiuse nelle mani la faccia. . E s'abbracciarono. E uscì pura dall'abbracciamento, ed ebbe sposo il suo desiderato: e a lei fu vita e libertà la rovina della patria e l'onta di tante infelici. . Pochi tra i Pistoiesi (ed erano i più valorosi) astennero le mani dal facile latrocinio: e que' pochi lo rimproveravano ai feroci compagni, e della italiana più che della straniera rabbia arrossivano. . Ma che faceva il prode Castruccio nella vituperosa rapina? . Altri dice averlo veduto guidare lo straniero alla preda delle case de' suoi principali nemici: altri ch'e' stesse in disparte sdegnoso e vergognato: altri che dal sacco i vili allontanasse, e difendesse dagli insulti le donne, e parecchi, imbestialiti nel furor delle insolite gioie, ammazzasse. . Erano non lontano da Borgo le case di Matilde Bernarducci, il cui cognato aveva con Castruccio chiamata la signoria di Uguccione, e aperto l'adito alle armi rapaci. . La donna era ghibellina nell'anima innanzi che il cognato a parte ghibellina piegasse: severa men di virtù che d'orgoglio, mesta non di mansueto dolore ma di tedio superbo, agl'infimi pia con durezza, agli uguali durissima con amore. . E il trattato d'intromettere in Lucca Uguccione, a lei parve bello: e quando sentì il primo grido degli irrompenti, alzò gli occhi a Dio quasi ringraziando. . Ma il furore soldatesco mal discernea guelfo da ghibellino: e dovunque oro fosse o donna bella, ivi era razza di guelfi. . Ora i tedeschi invadevano le case della orgogliosa, e fugavano i servi fiaccamente contrastanti; e lei vedendo bella di tutta italiana bellezza, bella di quasi principesca alterigia, bellissima di pallore, ben altro sentirono che pietà. . E l'invocato straniero più volte con la sordida mano turbò le chiome voluttuose; e il delicato petto più volte rabbrividì sotto l'usbergo dello straniero invocato. . Durò tre giorni l'infamia. Quando la città fu bene rubata e contaminata, Uguccione vietò si rubasse e si violasse più oltre, a pena dell'avere e del capo. . Ma allora più acuto si fece sentire il dolore, si fece sentir la vergogna: le case nudate piangevano; e i talami profanati dicevano non più voci d'amore, ma di vendetta; e molti mariti tacevano alle loro donne la sùbita povertà, molte donne ai mariti l'incomportabile vitupero. . E dalle case desolate riparava la moltitudine ai templi; e quella magnificenza d'immagini e di preghiere e di colonne e di cantici li confortava; e quivi posavano come il naufrago che giace nudo e immobile sulla spiaggia, e i piedi stesi verso il mare sentono ancora il venire dei flutti sonanti. . Ma non pregava Matilde, sul letto ove fu consumata la troppo dura vendetta, giaceva l'altera vedova, senza pensiero: si risentiva ad ora ad ora, e al tocco di quella coltrice inorridiva, ma senza far motto. Che il dolore e il ribrezzo e il digiuno, e più d'ogni cosa l'orgoglio, le chiudeva la voce. . Stette digiuna tre giorni: invano Enrico il cognato supplicava per Dio; e Castruccio, a cui forse la morte di nobil donna, e giovane, e ghibellina, doleva più che lo strazio di mille, indarno con soavi parole la confortava a mutare il fiero proposito. . Venne un frate, un santo frate che alle case dei ricchi non s'appressava se non per consolare il dolore e la morte: ma già la donna vaneggiava, e non intendeva i conforti di lui. . Alla metà del quarto giorno rinvenne, e parlò: parlò per profferire il nome di Dio. . Avrebbe allora consentito forse a ricevere nutrimento: ma più non poteva. . Allora si ricordò della Vergine; e alle parole del frate rispondeva con gli occhi languenti. Stese, come per cercare alcuna cosa, la mano: e Castruccio rizzandola leggermente, le accostava alle labbra un liquore; quand'ella tra le sue braccia spirò. . Quattordici anni dopo, Castruccio doveva anch'egli sentire gli abbracciamenti della morte: e forse in quel punto gli sovvenne, come proprio peccato, l'agonia di Matilde. ... FINE.